Dal Verdon alla Camargue
Dopo una nottata trascorsa a Marsiglia, affitto una macchina e mi dirigo verso Nord-Est, puntando le Gole del Verdon. Inizia così il mio viaggio attraverso le meraviglie de La Provence.
La prima tappa è Aiguines, un piccolo comune di trecento abitanti alle porte del Verdon completamente immerso nel verde. Accosto davanti a una pineta e noto una coppia di ragazzi sdraiati sull’erba, proseguo e più passeggio più gli sdraiati sbucano come funghi. È l’ora di pranzo: tutti mangiano, bevono e prendono il sole. Continuo a camminare e imbocco una discesina di una decina di metri. Senza rendermene conto un infinito lago artificiale color carta da zucchero si presenta davanti ai miei occhi.
È solo un accenno di quello che mi aspetta, quindi mi gusto velocemente il primo pranzo provenzale e proseguo ancora a Nord, verso le Gole.
La chiamano La Corniche Sublime, D71 per i viaggiatori da strada, ed è il tragitto più spettacolare per ammirare il grande canyon d’Europa. Ci si rende conto di averla imboccata una volta circondati da falesie vertiginose e tornanti a perdita d’occhio; spingendomi sempre più su e seguendo da vicino il bordo delle gole noto un susseguirsi di belvederi dai quali scopro le acque del Verdon. Guardo giù come una bambina incuriosita che si copre gli occhi con le mani: l’acqua è cristallina, si intravedono i sassolini che le fanno da letto e il panorama vertiginoso esercita su di me un’attrazione quasi magnetica.

Le Gole del Verdon sono meta ambita per chi ama viaggiare in moto: durante tutto il tragitto vengo infatti accompagnata da diversi gruppi di motociclisti e, alla fine, dopo vari sorpassi e sgasate, ci troviamo tutti sul punto più alto della strada con lo sguardo rivolto verso il basso ad ammirare quell’enorme spaccatura della terra lunga ben ventuno chilometri.
Prosegue il mio viaggio nel cuore della Provenza e decido di fermarmi per la notte a Digne les Bains, un’antica cittadina termale a seicento metri di altitudine incastonata tra la Provenza e le Alpi. Nonostante sia circondata da distese di verde e antiche terme naturali, Digne ha l’aria di essere una cittadina moderna in un luogo dove invece il tempo sembra essersi fermato. È decisamente un’eccezione rispetto al paesaggio che la circonda; un locale aperto dal tardo pomeriggio alle prime ore del mattino apre le porte a questa deliziosa cittadina che pullula di giovani.
Le vie acciottolate della città vecchia sembrano inizialmente spente ma perdendomi tra i vicoli scopro altri locali e un meraviglioso ristorante, Le Chaudron, che consiglio a chiunque passi da quelle parti: cucina a vista con un unico tavolino davanti, la proprietaria è una signora di una certa età vestita in modo buffo ma molto elegante, (davvero molto francese!). I tavoli sono al piano di sopra e la sala ricorda una vecchia cantina, color bianco sporco. Sulla sinistra c’è un piccolo bancone di legno a forma di mezzaluna, indispensabile per offrire agli avventori caffè e cognac. I tavoli sono pochi, la luce è calda e l’ambiente molto intimo. Scelgo senza pensarci troppo le specialità del posto, dalle escargots, condite con una salsa verde a base di erbe aromatiche, a un marmiton di foie gras.
Il Luberon
La mattina seguente mi dirigo verso l’angolo di Provenza dove si respira l’aria più pura d’Europa, il Massiccio del Luberon. È un mondo a parte rispetto alle regioni circostanti e si estende complessivamente lungo ottanta chilometri da Est a Ovest in un’esplosione di colori e odori. Dal verde scuro dei vigneti e il malva pallido e cupo della lavanda non ancora in fiore al celeste accecante delle finestre dei villaggi il Luberon affascina e lascia il tempo di perdersi nei dettagli.
Passo di sfuggita a Cucuron, nella parte Sud, e proseguo fino a Lourmarin, un villaggio segnato dalla stretta e lunga valle che separa il Petit e il Grand Luberon. Un luogo delizioso ma dannatamente turistico. La via principale è colma di botteghe di tutti i tipi ma i vicoli più nascosti mostrano la vera anima di questo posto: giardini privati con lo steccato bianco dove riesco facilmente a intrufolarmi, finestre di tutti i colori e gatti a non finire.
A nemmeno un’ora di distanza c’è Gordes, arroccato in cima a uno sperone roccioso. Arrivando da Lourmarin me lo trovo davanti ancora illuminato dal sole: un concentrato di casette e torri intervallate da enormi pini.
Mi godo un meraviglioso mercato di paese all’insegna di formaggi vini e foie gras e mi riposo nel più bel Bed&Breakfast dove sia mai stata in vita mia, Le Mas de la Beaume.

Gordes è un vero incanto ed è tornato a essere un’attrazione turistica da qualche anno grazie al film Un’ottima annata di Ridley Scott, girato interamente tra i paesini più suggestivi del Luberon. La piazza con la fontana e il ristorante, celebre per la scena magica tra la dea irrazionale Fanny e l’egoista pentito Max, è intima e silenziosa e si è tenuta stretta quel delicato romanticismo che ricordavo nel film.
Complice la suggestione, mi sposto leggermente fuori Gordes a Chateau la Canorgue dove sono state girate le scene del vigneto; il casale è di un ricco produttore di vino che dopo aver prestato le mura per girare il film ha lasciato libero accesso nei vigneti ai più curiosi. C’è un piccolo ristoro dove è possibile degustare i vini da lui prodotti e ammirare da fuori il casale, ovviamente chiuso agli estranei.
Dopo aver bevuto del vero vino provenzale, passo per Bonnieux, Lacoste e Roussillon, tre gioielli della Provenza: Lacoste è un villaggio interamente dominato dalle rovine del castello del marchese De Sade, mentre Roussillon spiazza per i suoi colori, l’arancione delle case si mescola infatti al rosso ocra della scogliera dei Giganti, soprannominata Sentiero delle Ocre.
Lascio il Luberon per dirigermi verso la Camargue.
Dopo un paio d’ore di viaggio arrivo ad Arles, una città antica lungo le sponde del Rodano.
Arles ha due facce: guardando il foro, l’anfiteatro e le viuzze strette tipicamente romane si rintracciano i percorsi della storia, ma è anche una città molto giovane e dinamica. La sera i bistrot e i locali si riempiono, i ragazzi gironzolano qua e là e a me sembra quasi di essere tornata a Roma.
Il Parco Naturale della Camargue
Mi accorgo di essere sulla via che mi porta nel cuore della Camargue quando vedo alla mia destra un branco di tori neri e alla mia sinistra dei meravigliosi cavalli bianchi. La cosa sorprendente di questi animali è che qui sono selvaggi, hanno mantenuto la loro libertà e indipendenza.
Questo territorio è piuttosto selvaggio, con ettari di risaie, paludi, sabbia. Il clima è umido e gli insetti non si contano, ma il suo fascino è indiscutibile e dopo averlo assaporato mi dirigo verso le Salin de Giraud. Il borgo è deserto, anche un po’ inquietante per la verità, ma una volta superato mi godo le saline più estese d’Europa. Come al solito i colori prendono il sopravvento: quando il sale inizia a depositarsi sul fondo per effetto dell’evaporazione i bacini si tingono di varie sfumature, dal blu al violaceo al rosso, e lo spettacolo è unico.
L’ultima tappa è la spiaggia di Piémanson, una lingua di sabbia lunga venticinque chilometri frequentata principalmente da naturisti, con molte roulotte e gente a cavallo.
Sembra che tutti stiano qui da sempre.
