Linderhof, Neuschwanstein, Hohenschwangau: viaggio tra i castelli della Baviera
Prendere una macchina in affitto non è cosa facile, ma devo andare a qualsiasi costo a vedere i castelli di Ludwig.
L’idea di venire proprio qui in realtà è nata qualche mese fa, mentre grazie a Instagram scoprivo un castello da fiaba per caso.
Poi grazie a Google ho scoperto che era vicino a Monaco, ma soprattutto che era uno dei castelli costruito da Ludovico II di Wittelsbach.
Si, proprio lui, il protagonista del film di Visconti: “Ludwig”.
Per chi non lo ha visto, lo veda.
Per chi non ha visto nessun film di Visconti e non sappia neanche di cosa stiamo parlando, vedetene più che potete, perché non c’e limite alla sua potenza estetica e narrativa.
Tornando a noi, ho visto il film qualche anno fa.
La figura, la storia del re mi hanno subito interessato: era bellissimo, introverso, eccentrico, amante della musica, del mito germanico, del romanticismo e dello sturm und drang.
Salito al trono giovanissimo, fidanzato con la splendida cugina, sorella dell’imperatrice Sissi d’Austria, sua carissima amica, e forse unico membro della sua famiglia a cui si sentiva realmente legato e affine.
Annullò il fidanzamento dopo pochissimo tempo, e mai più si dice, ebbe una donna.
La figura del re e così affascinante per via del suo rapporto con l’arte, specialmente con la musica, quella di Wagner, da cui fu ossessionato per tutta la vita, e che per lui rappresento sempre il rifugio dalla vita reale.
Ha vissuto sempre in un mondo completamente suo, fatto di immaginazione e di fiabe, tanto visionario da decidere di costruire 4 castelli meravigliosi, finendo in bancarotta.
È questa fu forse la sua maledizione, l’essere in uno stato di isolamento che non gli permetteva di confrontarsi con la vita reale, tanto che la sua famiglia farà in modo di farlo dichiarare pazzo per poterlo destituire, e da finire ucciso in circostanze misteriose in un lago.
Questa storia è il presupposto per cui ho pensato di andare proprio in Baviera.
Prima tappa è Linderhof, il castello più piccolo di Ludwig, costruito per essere un rifugio e tenuta di caccia. L’esterno è completamente bianco, si staglia abbagliante in mezzo agli alberi alla luce di questo sole inaspettato in questa giornata di Dicembre, con i balconi dorati che risplendono ancora di più, se possibile, contro l’azzurro del cielo.

Di fronte furono costruiti giardini e fontane, a somiglianza di Versailles, con una piccola grotta e una barca al suo interno, in cui il re amava ritirarsi a pensare per ore.
L’interno è estremamente sontuoso, sin dalla sala delle udienze, piena di decori, completamente dorata, con il soffitto affrescato con emblemi della guerra, della pace, della musica e della pittura
La grandezza del palazzo, ridotta appunto, contrasta con la magnificenza dell’arredamento, lussuoso, ricercato in ogni minimo dettaglio, portato all’estremo, nonostante dovesse essere un rifugio intimo.
Camminando in questo luogo, mi sembra di cogliere questa disperata necessità di un ricostruire un mondo da sogno, perseguito in ogni modo e ad ogni costo.
Dopo aver vagato per i giardini, posso dirigermi verso il pezzo forte: il castello di Neuschwanstain.
Impossibile da pronunciare, quando chiedo informazioni ai tedeschi del villaggio di Oberammergau in cui faccio uno stop, ci metto almeno 5 minuti a farmi capire per indicare la mia destinazione.
Lingua maledetta.

Oberammergau è un delizioso paesino ai piedi delle montagne, famoso per due principali motivi: le facciate delle case sono affrescate con varie decorazioni, a tema religioso, di scene quotidiane, ma anche rappresentanti celebri fiabe.
Il secondo motivo per cui è famosa, è la celebrazione della rappresentazione della Passione di Cristo, che si svolge qui ogni dieci anni.

Mi riscaldo con un kaffee mit milch al sole, dopo una discussione a gesti, sempre a causa dell’ordine di fila che infrango involontariamente, riesco a capire come arrivare a Neuschwanstein chiedendo ad una guida che parla inglese e porta con se un gruppo di asiatici, ed è tempo di andare.
In macchina non ci vuole molto, e dopo essermi gustata un po’ di scenario di profonda campagna bavarese, arrivo alla vera attrazione del viaggio, che si staglia maestosa su una montagna.
E’ esattamente come lo immaginavo, da fiaba, solitario sulla cima, che osserva la vallata sottostante e il più piccolo castello di Hohenschwangau, quello in cui Ludwig trascorse la sua infanzia e giovinezza, in cui vivevano i suoi genitori.

L’unica cosa che rovina questo sogno, purtroppo è il numero enorme di turisti che trovo sulla mia strada. Ma del resto come mi sarei potuta aspettare che fosse diverso, considerato che questa è una delle attrazioni più famose della Germania? Si stima che il numero annuo di persone che lo visitano sia intorno al milione e mezzo.
La folla purtroppo non consente di godere a pieno dello spettacolo, che però è comunque da lasciare a bocca aperta.
Per salire prendo l’autobus, il mezzo più veloce ed economico, che mi lascia al Marienbrucke, ovvero un ponte sospeso da cui si può vedere il castello da lontano, in tutta la sua meraviglia.
Dopo aver di nuovo fatto la solita fila, riesco a vedere ciò per cui ho fatto tanta strada.

E’ impressionante pensare a come sia potuto essere costruito un palazzo che incarna perfettamente l’immaginario comune del “castello da fiaba”, con le sue torri, le sue mille finestre, il suo bianco che stacca dal colore delle montagne verdi durante le stagioni calde, e diventa ancora più suggestivo quando si confonde con il candore della neve dei mesi invernali.
Ciò che colpisce probabilmente di più, scendendo e avvicinandosi, è la grandiosità dell’opera, che da un senso di soggezione non indifferente.
Penso a Cenerentola, ma ancora di più alla Bella Addormentata, per il cui film di animazione la Disney si è ispirata.
Con questa giornata, il sole che esce dalle nuvole, prima crea dei giochi di ombre bellissimi sulle mura, in mezzo agli alberi.

Arrivata ai piedi del palazzo, non posso fare a meno di esserne un pochino intimidita, in senso buono ovviamente. Il sole nel frattempo è andato via, e il grigio del cielo da un senso molto forte di alienazione.
Tra me e me penso che questa è probabilmente la seconda condizione metereologica che più lo valorizza, dopo la neve ovviamente.

Compro una tazza, souvenir di rito dei miei viaggi, e scendo mentre bevo una cioccolata calda con panna la strada che mi riporterà ai piedi della montagna, insieme ad orde di persone.
Sono contenta, la realtà ha superato l’immaginazione, e sento di aver potuto capire un po’ di più, per quanto possibile, una figura affascinante, che comunque rimarrà per sempre avvolta in un velo di mistero, che ha fatto di tutto per costruire il suo mondo di sogno.
