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Meknes, 22/02/2019

Ieri, durante la mia prima ora e mezza di sali e scendi nella medina, ho perso il conto di quanti inviti a bere il tè abbia ricevuto. Un tipo, addirittura, vedendomi accarezzare un vecchio asino mi ha chiesto se volessi comprarlo, il tutto mentre faceva una canna. Poco dopo un altro tizio mi ha chiesto di fare una foto insieme urlando qualcosa in arabo ed attirando l’attenzione dei negozianti che sono usciti dalle botteghe per guardare incuriositi. La parte più bella della giornata, però, è stata la sera. Mentre cucinavo la tajine di pollo con Kamal improvvisamente si è aperta la porta di casa e sono entrati 3 uomini, uno di loro, il più alto e rude, aveva un sacchetto in mano dal quale ha tirato fuori whisky e ghiaccio.

Improvvisamente mi si è gelato il sangue nelle vene, sembrava l’inizio perfetto di un qualsiasi film poliziesco, una donna sola in Marocco con 4 uomini sconosciuti che fumano e bevono whisky, vedevo già i titoli dei giornali che parlavano della mia morte. Tutti i miei timori sono svaniti in un secondo quando uno degli uomini ha tirato fuori un biberon con del latte ed ha iniziato ad allattare, uno ad uno, quattro gattini che erano stati abbandonati dalla mamma e gironzolavano nel cortile della Dar. Vedere allattare quegli scriccioli da quegli uomini così grossi e scuri in viso, con la sigaretta in bocca e il whisky davanti è stata una delle scene più surreali di tutta la mia vita. Ho iniziato a ridere talmente forte che Kamal, vedendomi così, mi ha chiesto cosa ci fosse di così divertente ma come potevo spiegargli che, fino ad un minuto prima pensavo che quegli uomini volessero uccidermi mentre ora li vedevo allattare dei gattini? Ancora una volta avevo messo a tacere i pregiudizi che qualcuno mi aveva conficcato in testa e non c’era cosa più bella al mondo.

Ma veniamo alla giornata di oggi. Sto scrivendo seduta al tavolo di un bar in piazza El Hedim a Meknes. Stamattina ho visitato i resti della città romana di Volubilis che per una nata vicino Roma e Pompei non è così imperdibile ma, in fondo, ha un suo perché. Successivamente ci siamo spostati a Moulay Idriss, la seconda città santa dell’islam che per tanti anni è stata chiusa ai non musulmani. Avrei voluto passarci più tempo ma condividendo il taxi con una coppia di tedeschi ho dovuto stare ai loro tempi. Per loro la cosa più importante era Volubilis, per me Moulay Idriss. Alla fine ci siamo fermati soltanto il tempo di vedere qualche punto più panoramico accompagnati da un ragazzino al quale abbiamo lasciato qualche dirham come mancia. Siamo quindi arrivati a Meknes, una città piena di fortificazioni, il cui punto forte è la porta Bab el Monsour che affaccia sulla piazza da dove sto scrivendo.

Appena arrivata in città mi sono immersa nella medina. Le vie principali sono piene di banchi che vendono prodotti di importazione soprattutto cinese. Uno spettacolo tristissimo se penso che sono in una delle città imperiali del Marocco. Un po’ disgustata ho quindi deciso di lasciare la via principale e di entrare nei vicoli laterali sentendomi molto più sicura rispetto a Fes. Qui nessuno ti insegue insistentemente facendoti mille domande. Sembra come se non avessero bisogno di turisti per vivere e, in effetti, nel mercato di frutta e verdura sono l’unica occidentale, mi sembra così strano avendo come termine di paragone la medina di Fes. Tutti mi sorridono e mi chiedono come va, poi, vedendo la mia reflex, si mettono in posa e mi chiedono di far loro una foto. Sono le foto che odio di più ma sono contenta di farli felici e quindi li assecondo. Ritorno verso la strada principale e poi prendo delle stradine sulla destra, finisco nel quartiere dei fabbri e dei falegnami. Li osservo al lavoro. Entro in una bottega dove realizzano gioielli damascati con ferro e filo d’argento. Data la mia mania per i bracciali non posso fare a meno di comprarne due. Non ho idea di dove sia finita ma decido di seguire il mio istinto e improvvisamente ecco che mi trovo davanti la piazza principale. L’istinto non sbaglia mai.

22 febbraio 2019, Fes, Cafè Clock h: 16:16

È il terzo giorno che sono qui in Marocco ma mi sembra una vita. Ho l’impressione che il tempo passi così lento o forse è il non avere orari o programmi o l’usare il cellulare raramente a contribuire a tutto questo, ne sono davvero felice. Oggi è una giornata stupenda, il cielo è blu, come sempre da quando sono arrivata, e il sole splende scaldandomi la pelle e facendomi godere come poche altre cose saprebbero fare in questo momento.

Mi sto perdendo, non mi preoccupo se lascio indietro qualcosa, sto solo facendo quello che sento di fare. Ad esempio ora mi sto godendo il sole sulla terrazza del Cafè clock, il mio posto preferito di Fes, sorseggiando del tè alla menta. Stamattina ho fatto un tour guidato nella medina insieme a Zahi. Prendere una guida è stata una scelta geniale, siamo passati in vicoli nei quali da sola non mi sarei mai avventurata e trovato cose che diversamente avrei mancato. Sfortunatamente oggi è venerdì quindi molti dei souk erano chiusi. La medina in effetti era insolitamente vuota rispetto al primo giorno che l’ho visitata, forse sarebbe stato più proficuo fare la visita un altro giorno per vedere le strade brulicanti di vita ma è stato comunque bello fare il confronto tra un qualsiasi giorno della settimana e il venerdì, vedere le botteghe sbarrate e il fuggi fuggi generale a mezzogiorno, tutti alla ricerca della moschea per la preghiera.

Dopo la visita guidata ho deciso di restare in quella parte di medina che non avevo ancora visitato per cercare di vedere qualcosa di nuovo. Ho provato a farmi una mappa mentale delle cose che potevo vedere, poi però mi sono affidata ad uno di quei percorsi turistici segnalati con dei cartelli blu in giro per la città. All’inizio ho fatto un po’ di fatica a trovarli poi ne ho trovato uno che indicava una moschea e ho deciso di seguirlo. Sono entrata in una stradina e più avanzavo più la stradina si stringeva fino a che sono arrivata in un’area con muri puntellati dove passava a malapena una persona, ho alzato lo sguardo, davanti a me è comparso un ragazzo con gli occhi strafatti. Decisamente no, non era la via per la moschea. Sono quindi tornata sui miei passi e ho cercato di seminare come potevo un tipo che, vedendomi sola, aveva cominciato a chiedermi di cosa avessi bisogno in maniera molto insistente. È questa la cosa pesante della medina, il fatto che insistano fino allo sfinimento quando tu vorresti soltanto goderti il tuo giro in tranquillità. Alla fine ti trovi a correre da una parte all’altra solo per seminare qualcuno che ti continua a chiedere “cosa cerchi?” quando in realtà non lo sai nemmeno tu cosa stai cercando.

Ho continuato a vagare per i vicoli della medina, sono finita in posti dove ero l’unica straniera ed ho iniziato ad avere paura ma non per un motivo preciso, nessuno mi chiedeva nulla, nessuno si era nemmeno lontanamente avvicinato a me. Questa situazione ha iniziato a starmi stretta quindi ho deciso di razionalizzarla. Ho pensato a quanto quel senso di paura fosse reale e quanto invece fosse la proiezione di quello che gli altri pensano del Marocco. Prima di venire qui ho fatto l’errore di leggere pagine e pagine di siti web sul Marocco, sulla sicurezza in Marocco e su ogni sito sembrava che tutti i marocchini non aspettassero altro che saltare addosso ai turisti. Per non parlare dei siti che trattavano l’argomento DONNA SOLA IN MAROCCO. Fino ad ora nessuno mi è saltato addosso, nessuno ha cercato di palpeggiarmi, l’unica cosa alla quale bisogna abituarsi sono gli sguardi insistenti e i complimenti all’ordine del minuto ma non mi sembra una cosa così impossibile da fare, basta sorridere e andare avanti. Ovviamente serve anche il buon senso, il nostro cervello sa capire benissimo fin dove è il caso di spingerci e quando sentiamo quella vocina dentro di noi che ci dice di non fare una cosa beh, non vedo il motivo per cui non seguirla.

23 febbraio 2019 Treno per Marrakech h: 12:58

Di tutti i giorni trascorsi a Fes probabilmente i ricordi più preziosi e che custodirò più gelosamente sono quelli legati al risveglio della medina la mattina, le strade ancora deserte, i locali ancora chiusi e le botteghe che, a poco a poco, iniziano ad aprire. Stamattina ho ripetuto il mio rituale mattutino per svegliare la città e godermi gli ultimi istanti in questo posto in cui mi sono sentita a casa fin dal primo momento. Sono andata a comprare la mia solita baguette con i formaggini dalla minuscola bottega sulla strada per Batha. Il signore ha scelto la baguette come se fosse la cosa più importante del mondo. Poi sono andata verso Bab Boujaloud per andare dal mio fornaio di fiducia a prendere la brioche per fare colazione. Mentre andavo, lungo la strada che costeggia la posta, ho incontrato un uomo anziano che tirava un carretto pieno di arance bellissime. Non ho potuto fare a meno di comprarne un paio parlando col venditori a gesti dato che non parlava francese.

È stato difficile andare via da Fes, nonostante sia stata lì soltanto per quattro giorni ho avuto come l’impressione di averci trascorso molto più tempo. Ieri mentre osservavo il tramonto dalla terrazza del Caffè Clock pensavo che mi piacerebbe tanto vivere in Marocco per un periodo. Quell’atmosfera così rilassata, le persone così cordiali mi hanno davvero colpita. Come avevo scritto qualche giorno fa qui sembra che il tempo si dilati.

To be continued…

di Eleonora Crescenzi Lanna

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Eleonora Crescenzi Lanna
Eleonora Crescenzi Lanna cresce a Lenola, un piccolo paesino in provincia di Latina, ma ben presto capisce che il suo Mondo non poteva essere tutto lì. A diciotto anni, sceglie di studiare geologia perché le sembrava un buon modo per esplorare il Mondo. Ha partecipato a spedizioni geologiche in Tunisia e in Patagonia cilena. Alterna viaggi in solitaria a viaggi di gruppo che coordina per Avventure nel Mondo dal 2018. Non sopporta la routine e il naturale affievolirsi delle cose. Cerca sempre nuovi stimoli e nuove avventure. Usa la fotografia e il racconto di viaggio per condividere con gli altri la bellezza del Mondo, per invogliare alla partenza.