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Ai piedi dell’Olimpo della Misia, in Turchia, a 10 km da Bursa, ex capitale dello stato Ottomano, c’è un piccolo villaggio annoverato tra i patrimoni dell’Unesco: Cumalıkızık.

casette colorate e bazarIn una calda mattina di agosto abbiamo lasciato l’auto in un parcheggio all’entrata del paesino per circa 60 lire turche (più o meno 3 euro) e ci siamo incamminati lungo la salita. Il villaggio di Cumalıkızık si sviluppa su un’altura. Viottoli stretti raccolgono case colorate in stile ottomano costruite con legno, pietrisco e adobe (materiale organico composto da argilla, sabbia e cannucciato).

Ogni abitazione è stata trasformata in una bottega o in un’ accogliente locanda con giardini circondati da pergolati di fiori e frutti.
Il commercio è prevalentemente gestito da donne in abiti tradizionali ottomani, è un antico borgo rimasto incastonato nel tempo. Il profumo di legna accesa delle braci speziate, i colori dei prodotti artigianali esposti di fronte le case tra conserve e vasche di caramello per realizzare lecca-lecca sul momento, ci cattura in una ruralità eclettica e gentile.

Le erbe spontanee sono gli ingredienti alla base di tisane e sciroppi locali come il Salgam, succo di frutta realizzato con carota nera o viola. Mi sorprendo del sapore delizioso e ne verso un po’ nella borraccia refrigerata. Vorrei conoscere la storia di ogni prodotto tipico, delle fondamenta di ogni casa, di ogni antica ricetta o rituale dimenticato, ma la lingua è la solita unica barriera.

Come in gran parte della Turchia, anche qui la vita è un grande bazar all’aperto, spesso con una vena troppo turistica e commerciale, ma in questo villaggio come in altri piccoli scrigni dell’Anatolia centrale, c’è ancora un desiderio pulsante di tramandare qualcosa di immateriale, come un ricordo, una leggenda o una parola in un dialetto dimenticato, e questi sono certamente i migliori souvenir che possiamo portar via da questo luogo.

Foto e testi di Samyra Musleh

 

 

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Samyra Musleh - Chief Editor
Antropologa, divulgatrice scientifica e content manager è caporedattrice per ThetripMag a tempo pieno. Ibrida dalla nascita, metà italiana e metà giordano palestinese, vive rincorrendo la cosa che ama di più: andare a caccia dei vocaboli giusti per raccontare storie che rimangano impresse. Ama la natura ma anche la tecnologia, i contesti multiculturali, il giornalismo d’inchiesta e i libri di fantascienza. È sempre alla ricerca di qualcosa di nuovo da sperimentare e posti nuovi da conoscere. Iperattiva e versatile, prova a reinventarsi ogni giorno per non soccombere alla giungla urbana che la circonda insieme al suo fidato compagno di vita a 4 zampe.