A 14 anni avevo un fissa: andare a Capo Nord. Volevo trovarmi nel punto più estremo di Europa per guardare il Polo nord dal mare. E quando dopo anni sono finalmente arrivata nella minuscola isola in cima alla Norvegia la delusione è stata enorme. Il Polo nord non lo vedi, sei circondato da camper di italiani che sfruttano il sole di mezzanotte per cucinare pasta asciutta e braciole di maiale e l’unico bagno che puoi utilizzare è quello dell’enorme centro commerciale costruito nella roccia a picco sul mare, dove non esiste una bottiglia d’acqua H2O ma è tutto al sapore di mirtillo e fragola e una mela la paghi come una cena a base di sushi. Ma era il mio sogno. Ed ero così felice di essere arrivata finalmente al mio agognato obiettivo.
Perché dentro la parola viaggio esiste tutta questa aspettativa? Perché quando sai di essere in partenza sei così euforico? Perché quando stai per imboccare la statale che apre le porte alla tua meta ti senti così leggero? Anche se di fronte a te hai chilometri e chilometri da affrontare? Dove finisce l’incazzatura tipica del lunedì mattina quando ti trovi bloccato in mezzo al traffico e mezzo metro significa mezz’ora di tempo?
Eppure sembra che non ci sia più niente da scoprire. Che dal vocabolario possiamo anche eliminare la parola “inesplorato” perché tra Marco Polo e Cristoforo Colombo non esiste più terra calpestabile a noi sconosciuta. Almeno in questo mondo.
Hai la sensazione che oggi con internet puoi essere ovunque. Che lo spazio viene abbattuto dalla comunicazione. Sei dove vuoi, con chi vuoi e quando vuoi in tempo reale.
Ed è vero. Puoi accorgerti – restando comodamente spaparanzato sul divano di casa tua con Bob Marley che canta a squarcia gola dal tuo stereo – che lo storico Luna Park di Coney Island di New York è stato chiuso e per fortuna poi riaperto. Oppure trovarti a discutere con un tuo amico che vive in Uzbekistan riguardo l’ossessivo accoppiamento del re della giungla in Tanzania. Puoi parlare contemporaneamente con tua cugina che si sposa a Samarcanda e la tua vecchia compagna di scuola che si è trasferita a San Pietroburgo.
E allora cos’è quel pizzicorio dietro il collo che non lascia spazio se non al sorriso che ti invade il corpo quando il passaporto è timbrato e le valige si possono sfare?
Credo che le motivazioni possano essere infinite come i nostri pensieri. Libertà, curiosità, amore.
Amore per noi stessi che concediamo una sorta di regalo alla nostra anima. Perché quando siamo in viaggio tutto ci sembra più bello, più entusiasmante, più inebriante. Le nostre percezioni di colpo raddoppiano e quelli che saranno ricordi avranno il gusto dell’indelebile. Dettagli di immagini e profumi di una specifica area geografica.
Uscite dalle vostre stanze allora. Perché non potete sapere quello che vi aspetta, perché non potete rinunciare a scoprirlo. Perché scoprendo voi stessi, scoprirete un altro pezzettino di mondo.
Erano 9 ore che guidavo ininterrottamente per affacciarmi su quella scogliera. Brividi di stanchezza e vertigini accompagnavano la mia delusione e il mio sonno. Il giorno dopo però, con il sole mai tramontato che ricominciava a salire, un sentiero serpeggiava sul Mare Artico. Non riuscivo a distinguere la nebbia dalle onde del mare. Un paesaggio lunare schiarito da un tramonto interminabile. Le gambe indolenzite dai 9 km percorsi per arrivare sul promontorio di Knivskjellodde. Di fronte a me il Polo nord.
Valentina Diaconale

H20
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