Il giorno successivo prosieguo alla scoperta della città. A Tbilisi l’architettura la fa da padrone, anzi le architetture. La capitale Georgiana è un mix di vari stili, risalenti a momenti ed epoche diverse, che ne ripercorrono fedelmente la storia politica e culturale. Old Tbilisi è una questione a sé come detto, con i suoi vicoli sinuosi e i suoi colori tenui, il resto della città è diviso invece tra brutalismo sovietico e una serie di edifici recenti, molti dei quali realizzati nell’ultimo decennio da un architetto italiano: Michele De Lucchi. Il mix di stili può risultare strano al primo impatto ma in realtà ha un equilibrio tutto suo. Il Ponte Rikle per dirne uno è un ottimo esempio di dialogo architettonico tra vecchio o nuovo.
Per quanto riguarda gli amanti dell’architettura brutalista due luoghi a mio parere sono davvero imperdibili: The Chronicle of Georgia, chiamata anche la Stonehenge Georgiana e il museo archeologico. The Chronicle of Georgia è un monumento di epoca sovietica che ripercorre diverse tappe della storia del paese, narrate in forma epica, formato da torri alte 30 mt che affacciano sul “mare” della capitale, dall’alto del monte Keeni. Davvero impressionante. L’altro luogo è il museo archeologico, ormai chiuso ma sempre visitabile, dalla stranissima forma circolare e dall’entrata suggestiva.
Infine un luogo certa mente da visitare prima di salutare la città è il mercato delle pulci, sul Flea Market Dry Bridge. Qui ci si può immergere in quella nostalgia sovietica fatta di oggetti venuti dal passato: macchine fotografiche, vinili, stoviglie, spille, quadri, uniformi militari, cianfrusaglie di ogni tipo..ho trovato addirittura un disco di Toto Cutugno con la copertina in Georgiano, fantastico!
Tra le bancarelle conosco Masho, ragazza russa che vive qui e vende grappa. Mentre mi versa un bicchiere di Chacha, grappa georgiana talmente buona e tradizionale da esser protetta dall’UNESCO, mi racconta di essere arrivata da Mosca più di un anno fa. È felice di vivere a Tbilisi, anche lei mi conferma che qui in Georgia si sta vivendo un momento davvero dinamico. La gioventù georgiana piano piano sta conquistando le proprie libertà cercando di tracciare una nuova rotta, sicuramente più aperta e contemporanea. Lei voleva esserci.
Oltre alle tradizioni culinarie e alla scena musicale e teatrale underground anche il gioco d’azzardo va per la maggiore e gli hotel più sofisticati hanno tutti un casino all’interno. Ce n’è per tutti i gusti insomma a Tbilisi.
Europei, Russi, Iraniani, Turchi, Azerbaijani, sono tanti i viaggiatori che si recano qui, ognuno spinto da una motivazione differente.
Il gran finale è una cena di alto livello. Come dicevo la cucina tradizionale Georgiana è una uno dei motivi per visitare il paese: si passa dai ravioli ripieni Khinkali al Khachapuri, che è una specie di pizza al formaggio. Le verdure sono tantissime e vengono cucinate nei modi più disparati, spesso accompagnati dal buonissimo pane georgiano, il Puri. Oltre la tradizione c’è però una chef georgiana che ha destato tutta la mia curiosità. Il suo ristorante si chiama Cafe Littera e si trova in un bellissima corte interna nel cuore di Tbilisi. Lei, la chef Tekuna Gachechiadze, ha deciso di partire dalla tradizione Georgiana e di rivoluzionarla, usando prodotti desueti, portando nuovi accostamenti, spesso molto coraggiosi. Il risultato è un ristorante accogliente e caldo, con un menù incredibilmente variegato dove, dietro uno sfondo georgiano, si sente forte l’impronta originale dello chef.
Quello che riporto a casa da questo breve e intenso viaggio è la certezza che la Georgia sia un paese che va assolutamente visitato, vissuto, sostenuto, raccontato. Perché unico. Unico nelle sue antiche tradizioni, che in qualche modo richiamano l’Italia, unico per la sua gente così gioviale, che ama stare insieme. Unico perché sta attraversando un momento di fortissimo risveglio culturale, di lotta per la libertà di espressione, di voglia di aggregazione giovanile. Qualcosa sta veramente accadendo a Tbilisi e la presenza di viaggiatori può essere solo che un bene per il paese, può aiutare a dare la definitiva spinta verso il futuro.
LS