Un’eroina moderna
testo di orso di pietra
La storia di Matilde di Canossa si è trasformata in leggenda grazie all’intreccio del suo nome con quello di papa Gregorio VII, il Pontefice che impone il predominio della Chiesa sull’Impero, e quello di Enrico IV, sovrano del Sacro Romano Impero che per tre giorni e tre notti, indossato il saio del penitente, invoca la clemenza del papa e il ritiro della scomunica davanti al portone del castello dove Matilde ospita Gregorio.
Dopo la caduta del Regno Longobardo e grazie a una serie di matrimoni combinati tra i marchesi della Tuscia (Bonifacio di Canossa, l’ultimo dei marchesi, era il padre di Matilde) e una delle più importanti famiglie imperiali germaniche imparentate con i duchi di Borgogna (Beatrice di Lotaringia era la madre), il ducato dei Canossa era diventato il più esteso dell’Italia centro-settentrionale con una conseguenza fin troppo nota a chi studia geopolitica: quella di consegnare nelle mani di chi controllava la principale via d’accesso a Roma il potere di influenzare le sorti di chi governava la città dei papi.
Chi voleva andare a Roma, in sostanza, doveva passare per le terre dei Canossa. Siamo nella prima metà del secondo millennio, quando lo scontro per l’egemonia tra papato e impero comincia a inasprirsi fortemente. La famiglia di Matilde, che controlla la strada da cui dipendono i destini del papato, diventa la prima sostenitrice della supremazia di Roma sugli imperatori germanici. I genitori della duchessa sono imparentati con Leone IX, sostengono il suo successore Benedetto X e il successivo Alessandro II. Matilde in particolar modo decide di fiancheggiare Ildebrando, il diacono poi eletto pontefice con il nome di Gregorio VII. Ildebrando, grazie all’aiuto e alla protezione della Duchessa, opera un’importante riforma della chiesa cambiando le modalità dell’elezione del papa che fino a quel momento era appannaggio di re, imperatori stranieri o nobili romani loro alleati, e impone le regole del Conclave tuttora in vigore. Ma Matilde non entra nella leggenda solo per il suo ruolo politico, seppur determinante per la storia della Chiesa e dell’intero Occidente cristiano. Vi entra anche, e soprattutto, per il suo esser stata una donna capace di imporre il suo marchio a una intera epoca non per il suo lignaggio ma per la sua fortissima tempra e la sua niente affatto nascosta femminilità. Data in sposa al figlio naturale del suo patrigno, un uomo che ha tali difetti fisici da ess re passato alla storia come Goffredo il Gobbo, mette al mondo una figlia che muore subito dopo il parto. La famiglia del marito condanna l’accaduto, Matilde viene tacciata di essere portatrice di malaugurio, umiliata e segregata in Lotaringia. Ma la ragazza fugge, torna in Italia e si nasconde dalla madre Beatrice nel castello di Canossa. Quando Goffredo il Gobbo scende a riprenderla offrendole terre e armate, lei lo respinge sdegnosamente. Dopo il suo assassinio, però, Matilde, giovane vedova, subentra alla madre Beatrice nella guida di un regno che dalla Toscana (per l’esattezza dall’attuale Tarquinia) giungeva allora fino al lago di Garda.
La storia ufficiale racconta di Matilde che ospita a sostiene Gregorio VII incoraggiandolo a non cedere alla richieste di perdono di Enrico IV vestito da penitente fuori dal castello di Canossa. Quella ufficiosa racconta di una vedova giovane e ardente che si sarebbe legata a Gregorio non solo per questioni politiche ma anche con un rapporto più intimo e intenso.
Fu per questo che Matilde donò al papato tutte le sue terre o solo perché Enrico IV, che era anche suo cugino, avrebbe potuto rivendicare il titolo per ottenere i suoi possedimenti? Anche questo interrogativo può avere risposte diverse. Di sicuro l’Imperatore cercò di vendicarsi dell’umiliazione subita da parte di Gregorio VII e Matilde, deponendo il primo e assediando a lungo la seconda nel suo castello. Ma alla fine l’indomita riuscì a ribaltare la situazione ottenendo la vittoria a Sorbara.
La storia della Duchessa non si esaurisce con la sconfitta di Enrico IV. Ormai quarantenne, conclude un nuovo matrimonio d’interesse con Guelfo V, erede del regno di Baviera.
Ma Guelfo è un ragazzo di 19 anni, probabilmente impotente, che neppure di fronte a una Matilde che gli si offre completamente nuda nel talamo nunziale cede alla tentazione e consuma il matrimonio. La padrona della Francigena caccia Guelfo e riapre la partita contro l’Imperatore Corrado nel frattempo succeduto a Enrico. La conclusione di questa storia è come quella delle fiabe: Matilde costringe alla pace il nuovo imperatore, Enrico V e ottiene da lui la nomina a regina d’Italia e sua Vicaria.
Cosa rimane, oggi, delle sue gesta? Di sicuro, il ricordo della sua personalità, oggi simile a quella di un’eroina da Trono di Spade. Ma anche la memoria della devozione che attraversava la Via Francigena. Prima dell’anno Mille quel percorso portava da Canterbury a Roma passando gli ostacoli naturali della Manica, delle Alpi e di quelle vie della costa tirrenica italiana che all’epoca erano infestate di predoni e dalla malaria diffusa fino alle porte della Città Eterna. Insieme al cammino per il Santuario di Santiago di Compostela e al viaggio in Terra Santa, era
il pellegrinaggio che ogni cristiano medioevale avrebbe voluto compiere per emendarsi dei propri peccati. Il ravvivato interesse nei confronti della Francigena ha dato nuovo risalto alle tante storie che l’hanno attraversata, alla sua natura incontaminata e alla biodiversività che rappresentano un unicum del nostro Paese.
Sempre nel segno di Matilde l’intrepida!
Il 2015 segna l’anniversario dei 900 anni dalla morte di Matilde di Canossa, una figura così importante che è entrata perfino nel vocabolario toscano con l’espressione andare a Canossa (che significa: essere costretti a chiedere scusa). Tantissimi gli eventi che la ricordano in un calendario che abbraccia non solo la Toscana ma anche l’Emilia, la Lombardia e il Veneto.