394 km sul tratto toscano dell’antica Via Romea
Ci sono argomenti che ciascuno sente più affini di altri. La Francigena è per me uno di questi. Sento parlare dell’antica Via di pellegrinaggio sin da quando ero piccola e mia mamma, geografa storica del mondo antico, disseminava in giro per casa libri su questo argomento. Vent’anni dopo mi ritrovo, con la macchina fotografica e una certa emozione, a percorrere il tratto toscano di questa strada che ha visto passare tante genti e tanta storia sul suo selciato.

Da via di pellegrinaggio a snodo di comunicazione e scambio, oggi la Francigena sta avendo una rinnovata e meritata attenzione. Il bisogno di lentezza, di riscoperta delle proprie origini, permette a tanti di intraprendere un viaggio che sarà senza dubbio anche una spirituale riscoperta di sé stessi. Perché camminare ci fa sentire liberi, riattiva uno sguardo assopito e ha anche a che fare con la forza di volontà che ci spinge a raggiungere una destinazione.
Un passo dopo l’altro, ci accorgiamo di quanto sia variegato il paesaggio, di quanti piccoli borghi popolino il nostro territorio, di quanti scorci privi di senso visti da un finestrino diventino indelebili tracce di memoria quando ci si arriva affaticati da un’intera giornata a piedi.
Chi cammina ha una meta quotidiana da raggiungere e durante le brevi pause cerca quindi di assorbire il più possibile dal posto, non c’è tempo di soffermarsi più del necessario. Ecco allora che i luoghi diventano, sì, soste ma anche passaggi, diventano l’obiettivo di una giornata, ma anche il punto di partenza di quella seguente.
Tutto assume un altro sapore quando sono le nostre gambe che ci fanno muovere, quando, solo grazie al nostro corpo, possiamo raggiungere la Val d’Orcia piuttosto che le Alpi Apuane.
«La coscienza europea nasce pellegrinando»
Goethe
«Le strade bianche sono gomitoli di luce: il colore chiaro dei ciottoli serviva ai pellegrini
per non perdere la strada durante la notte»
Dott.ssa Donatella Bagnoli (Direttore Artistico Fondazione La Rocca di Staggia)
«Peragrare percorrere per andare lontano: per agros, ossia fuori città.
Quindi pallegrinaggio nel senso di fare un viaggio in un paese lontano, di sradicarsi dalle proprie abitudini e dai propri luoghi d’origine»
«Quando aprile con le sue dolci piogge ha penetrato fino alla radice la siccità di marzo, impregnando ogni vena di quell’umore che ha la virtù di dare vita ai fiori; quando anche zefiro con il suo dolce fiato ha rianimato per ogni bosco e ogni brughiera i teneri germogli e il nuovo sole ha percorso metà del suo cammino in Ariete, e cantano melodiosi gli uccelletti che dormono tutta la notte ad occhi aperti: allora la gente è presa dal desiderio di mettersi in pellegrinaggio, e di andare per contrade forestiere alla ricerca di lontani santuari»
“I racconti di Canterbury”, G. Chaucer