di Chiara Rimoldi | foto di Alessandro Bonci
Rubata alla foresta e incastonata tra la splendida Baia di Guanabara e la Mata Atlantica, Rio de Janeiro è una città che non passa inosservata. Propulsore di nuove tendenze giovanili, si muove da protagonista in un Brasile che sempre più sta dettando legge al resto del mondo in materia di moda, di calcio, di musica, di danza e di savoir vivre.
Non è un caso che questa città sia diventata palco incontestato del movimento funk carioca, figlio bastardo del Miami bass e colonna sonora dei ghetti della città.
Considerato la voce della favela, il funk carioca ha conquistato il ruolo rappresentativo della marginalità urbana che una volta era del samba, musica che si sta distaccando sempre più dall’immaginario popolare, vittima della commercializzazione selvaggia del carnevale e dell’interesse mostrato dalla classe medio-alta nell’appropriarsi di quelle che nel principio erano semplici storie della periferia carioca.
Servendosi di un ritmo incessante e orecchiabile, il funk carioca racconta la quotidianità della favela, la convivenza con il traffico di droga, gli abusi della polizia, le punizioni per i delatori (chiamati in gergoX9), le guerre tra le diverse fazioni criminose che controllano la città, l’adulazione per i boss del crimine locale, l’infedeltà tra i sessi, l’iniziazione sessuale di ragazze giovanissime.
È facile comprendere come la maggior parte dei testi siano considerati proibidão (illegali) dall’autorità e si possano comprare solamente nelle favela, durante i bailes, o per strada, da venditori ambulanti.
Tutti i fine settimana, il traffico di droga organizza feste illegali nella maggior parte delle favela di Rio (che ne conta più di settecento). Vecchi campi di pallacanestro si trasformano in veri e propri “funk rave”, con muri coperti di speaker e dj e Mc che si disputano gli elogi della folla. Le ragazze si preparano per ore: profumatissime, vestite con corpetti aderenti e minigonne inguinali, seducono gli uomini con pose provocanti e mimando orgasmi e posizioni sessuali. I ragazzi, invece, creano complicate coreografie e formano il bonde (il trenino), simboleggiando i gruppi armati che attaccano una favela nemica. I “soldati” del traffico armati con AK47 e M15 difendono l’entrata del baile e solitamente stazionano vicino al dj e davanti agli speaker.
Il pubblico è locale, la festa è fatta per gli abitanti della favela stessa e per i sostenitori della fazione criminosa che comanda, sia Commando Vermelho, Terceiro Commando, T.C.P. (Terceiro Commando Puro) o A.D.A. (Amigos dos Amigos). Nessuno può andare alla festa organizzata da una fazione avversaria. La pena è la morte: solitamente i nemici vengono bruciati vivi nel mezzo di vecchi copertoni.
Il funk carioca acquista con gli anni un ruolo scomodo. Comincia come funk melody, un funk sensuale e innocuo, e arriva ai giorni nostri come pura apologia del crimine, fomentando guerre tra favela rivali ed elogiando le gesta di violenti criminali. Per questo motivo, diversi Mc di funk sono stati recentemente processati per i loro testi e la loro associazione con fazioni criminose.
Ordini disciplinari che tentano di contenere un fenomeno culturale che sta esplodendo, dimenticando che il funk è solamente il portavoce di una realtà creata da quella stessa società che lo sta demonizzando. Il crimine non sarebbe un’opzione così allettante se lo stipendio minimo consentisse di sopravvivere, le favela non sarebbero armate fino ai denti se la polizia smettesse di vendere fucili ai trafficanti di droga, la cocaina non entrerebbe così facilmente nel paese se non ci fossero autorità corrotte che ne facilitano la circolazione.
Mr. Catra, considerato uno dei precursori del movimento funk carioca, spiega che “il vero problema del Brasile è l’ostinatezza nel conferire posizioni autorevoli a chi in realtà sta sfruttando le ricchezze del paese per fini personali, minandone così l’economia. Tu pensi che il criminale analfabeta che controlla la favela lavori da solo?”, alludendo al coinvolgimento di politici nel giro miliardario di droga che ruota attorno alla città.
“Quello che viene dalla favela deve rimanere dentro la favela, o così per lo meno vorrebbero”, assicura Catra, “è per questo che il funk è proibito. Perché racconta di realtà che la società brasiliana ha nascosto sotto il tappeto, ha deciso di non vedere. Il funk è scomodo, crudele, sconcio, volgare, usa un portoghese incorretto, ma è il prodotto di una società che è stata lasciata nella miseria e nell’ignoranza”.
Mr. Catra è responsabile del recente successo europeo del funk, che ha spopolato in Svezia, Inghilterra, Francia, Germania, Danimarca. Una volta fuori dal suo contesto nazionale, il funk carioca diventa esotico, addirittura chic. Tutti lo associano al film “Cidade de Deus”, e diventa un fenomeno di facile accesso, parte di quel brasilianismo che sta coinvolgendo l’Europa negli ultimi anni.
Come già successo in passato con altri generi musicali, sta iniziando un processo di rivalutazione e valorizzazione del funk carioca come strumento di cultura popolare. Mc e dj di funk sono impazienti di suonare la loro musica in un bloco (gruppo di strada) al prossimo carnevale. Hanno ragione, ormai il ritmo della città è un altro.